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Analfabetismo informatico: 6 italiani su 10 non sanno usare il computer

Secondo Eurostat il 59% degli italiani è analfabeta informatico, non sa usare un PC. Più di un terzo dei cittadini europei non possiede le abilità di base dell’uso del computer (la media nell’UE infatti è del 39%).

In base alla ricerca l’Italia è tra le peggiori (seconda solo alla Grecia, 65%). Purtroppo anche i dati riguardandi le fasce più giovani della popolazione non sono incoraggianti: 28% tra i 16 e 24 anni, 50% tra i 25 e i 54.

Soprattutto il primo dato, quello dei giovanissimi, è sconfortante e denota tutte le carenze e i limiti dell’insegnamento dell’informatica nella scuola dell’obbligo, poiché circa 3 giovani su 10 risultano analfabeti digitali. Il dato invita anche a riflettere sul tema del cosiddetto digital divide, a mio avviso una delle più pericolose e subdole forme di emarginazione culturale e sociale del nostro tempo (vedi precedente post sul tema).

Riporto le interessanti considerazioni del blog di Dario Savelli, che mi ha dato lo spunto anche per scrivere questo articolo:

“…è vero che siamo a nascita zero e che il dato probabilmente maggiore è dovuto all’elevata età dei cittadini, ma anche nelle fasce giovani non siamo messi meglio che negli altri Paesi europei. L’istruzione, i contributi del governo, aiutano di certo ma evidentemente non sono abbastanza per una nazione che vuole rimanere al passo dei tempi ed inseguire il treno dello sviluppo: cosa bisogna fare allora per migliorare la situazione, quali sono le proposte di innovazione che il nuovo governo proporrà e metterà in atto nel prossimo futuro? Attendiamo tutti frementi nella speranza che si muova qualcosa, la ricerca ed una maggiore attenzione per l’università e la scuola, l’innovazione delle infrastrutture, lo sviluppo del Sud sono forse primi importanti pilastri da costruire: il dramma è che queste parole fanno parte ormai della retorica.”

Un altro interessante studio riporta le abilità degli europei nell’uso del computer e di internet nel 2005. Estraggo alcune statistiche ancora una volta sconfortanti per il nostro Paese:

  • il 56% degli italiani non ha mai usato un computer;
  • il 72% non usa regolarmente internet;
  • il 59% non possiede le competenze di base;
  • il 5% possiede un basso livello di competenze;
  • il 18% un livello medio;
  • il 19% solamente un livello alto;
  • le competenze peggiorano per le donne (64% nessuna abilità, 5% basse, 18% medie, 13% alte);
  • le percentuali peggiorano ovviamente nelle fasce d’età più elevate;
  • più il livello d’istruzione è alto, migliori sono le abilità.
  • Lo studio riporta anche le percentuali secondo il tipo d’impiego svolto.
    Un dato allarmante è che il 19% degli studenti italiani non possiede abilità di base (il 22% basse, il 33% medie e soltanto il 26% alte).

    Da questo desolante quadro mi limito a tracciare l’ipotetico profilo di un cittadino italiano sull’argomento.
    L’italiano medio usa poco il computer e sa utilizzarlo male, soprattutto se avanti con l’età ed è una donna, solamente se appartiene ad una ristretta fascia di persone in possesso di una cultura personale elevata le sue abilità migliorano.

    Un suggerimento ai governanti: se non vogliamo creare cittadini europei di serie B è indispensabile che dal mondo della scuola e della formazione arrivi un segnale forte di volontà di crescita.

    Considerato lo stato in cui si trovano le scuole italiane riguardo le infrastrutture tecnologiche (insufficienti ed obsolete), le connessioni a banda larga (spesso inesistenti) e le competenze degli insegnanti (volenterosi ma mediamente poco preparati), penso pessimisticamente che purtroppo i nostri ragazzi dovranno ancora attendere a lungo…

    Scuola e statistiche: il problema stipendi

    Dal Conto Annuale per il Pubblico Impiego, presentato dalla Ragioneria Generale dello Stato, per il tiennio 2002-2004, estraggo alcuni dati interessanti al 31 dicembre 2004.

    I dipendenti della scuola, esclusa l’Università, sono 1.129.474 (pari al 33,6%), di gran lunga il comparto più numeroso dei dipendenti statali.
    La presenza femminile è di 855.728 unità (75,8%).
    Il part time è di 21.873 (1,9% sul totale).
    La progressione di carriera è insignificante nei numeri.
    L’anzianità media di servizio è più alta per gli uomini e si aggira intorno ai 17-18 anni.
    L’età anagrafica è più alta per gli uomini e si aggira intorno ai 47-49 anni, una delle più elevate in assoluto.
    Il costo del lavoro è il più alto di tutti i comparti, superiore a quello per la sanità (27% sul totale).
    Le retribuzioni medie annuali complessive sono di € 26.069, inclusi tutti gli accessori, tredicesima mensilità e contrattazione integrativa, contro una media di 28.969. Tra le più basse in assoluto (insieme ad Aziende Autonome, Regioni e Corpi di Polizia).

    L’emergenza salari ormai riguarda purtroppo tante categorie di lavoratori dipendenti. Tuttavia, da questo dato si evince la scarsa importanza che i nostri politici attribuiscono alla professione dell’insegnante. A tutto ciò si somma la diffusa atavica precarietà di questo mondo.
    Dalle prime dichiarazioni d’intenti rilasciate dagli esponenti del nuovo governo, risulta la volontà di sovvertire questi dati e di riportare dignità ad un lavoro così importante e delicato come quello dell’insegnante. Verificheremo i fatti concreti.

    L’intero documento in pdf può essere consultato qui.
    Un piccolo interessante dibattito sul tema si trova su OKNOtizie.

    Ministro dell’Istruzione e Sottosegretari: chi sono

    Il Ministero dell’Istruzione e dell’Università è stato diviso in due, all’Istruzione (che il neoeletto chiamerà di nuovo Pubblica, presentando un emendamento) è andato Giuseppe Fioroni, Margherita (vedi sito ufficiale dove si possono lasciare commenti e suggerimenti direttamente all’ufficio del Ministro).
    Un suo profilo politico dettagliato è stato scritto dal Corriere della Sera e si può consultare nella rassegna stampa di Educazione&Scuola.

    Al Ministero dell’Istruzione sono stati assegnati tre sottosegretari: Gaetano Pascarella, Mariangela Bastico e Letizia De Torre.

    Pascarella (scheda), DS , è un medico casertano ed è stato senatore nella legislatura precedente. Tra i vari incarichi ha fatto parte della Commissione parlamentare per l‘infanzia.

    Letizia De Torre, neodeputata della Margherita, insegnante di matematica con esperienza di amministratore, è stata eletta in Trentino Alto Adige. Vedi intervista su l’Adige.

    Il nome più noto, tuttavia è quello di Mariangela Bastico (vedi sito ufficiale). Assessore all’Istruzione nella Regione Emilia-Romagna nella precedente legislatura si è odoperata contro l’applicazione della Riforma Moratti. Bastico sarà anche Viceministro.

    Notizie su i neoeletti e sugli orientamenti politici del nuovo governo si trovano in abbondanza su ScuolaOggi.

    Il programma del Governo per la scuola

    Presentato il nuovo Governo (Ministro: Giuseppe Fioroni, Margherita, Viceministro: Mariangela Bastico, Ds, Sottosegretari: Gaetano Pascarella, Ds, Letizia De Torre, Margherita), Prodi ne illustra al Senato il programma. Riporto alcuni stralci che riguardano il mondo della scuola.

    “Porremo a noi stessi e agli enti locali l’obiettivo di raddoppiare nell’arco della legislatura il numero degli asili nido, per andare incontro ad una domanda oggi largamente insoddisfatta”

    “Apriremo spazi significativi ai giovani nelle università e nella ricerca, perché l’Italia ha bisogno di giovani che insegnino e facciano ricerca con stabilità e libertà”

    “Per il futuro dell’Italia e per il suo sviluppo l’istruzione rappresenta l’elemento chiave: non si torna a crescere senza investire mezzi ed energie intellettuali nella ricerca, nell’innovazione e nella scuola. Dobbiamo investire in conoscenza diffusa, in qualità ed efficacia dei percorsi formativi, cominciando dalla scuola dell’infanzia fino ai livelli più alti, restituendo valore e dignità ai percorsi formativi tecnici e creando nuovi centri di eccellenza”

    “Noi siamo consapevoli che la scuola è una macchina complessa, che ha bisogno di un progetto condiviso e di un lungo periodo per dispiegare l’efficacia dalla sua azione educativa”

    “Dopo dieci anni di riforme e controriforme è giunto il momento di mettere ordine, di fare il punto, di cambiare ciò che palesemente non funziona e ciò che appare sbagliato e di dare finalmente stabilità alla scuola, valorizzando appieno l’autonomia degli istituti e il ruolo e i sacrifici degli insegnanti”

    “Sbagliata appare la liquidazione della formazione tecnico-professionale: abbiamo bisogno di valorizzarla e di estenderla attraverso percorsi universitari brevi, attraverso istituzioni che diventino le scuole tecniche del ventunesimo secolo”

    Via Tecnica Della Scuola.

    La “scuola” nei programmi elettorali

    Siamo in periodo pre elettorale e io, da buon elettore, sono andato a leggermi i programmi elettorali dei due schieramenti politici concorrenti (si possono consultare e scaricare dai siti dei principali partiti italiani).

    Il grande Totò: Antonio La Trippa

    Sono due testi molto diversi, che si confrontano male da un punto di vista linguistico.

    Quello dell’Unione è un robusto corpo di 281 pagine suddiviso in 11 capitoli più o meno lunghi ed articolati, uno dei quali, intitolato Conoscere è crescere è interamente dedicato alla scuola. Solo questa parte è composta di 16 pagine e di 5 paragrafi intitolati: Investire nella scuola, Le risorse dell’autonomia scolastica, Il diritto di imparare per tutta la vita, Lavorare con i protagonisti della scuola, Università ed enti di ricerca: motori dell’innovazione e della mobilità sociale.

    Quello della Cdl, invece, è un breve testo di sole 22 pagine, di cui una parte è introduttiva e riepilogativa e un’altra, più specificamente programmatica, suddivisa in 10 punti. Manca un capitolo dedicato per intero all’istruzione. Si cita la scuola al punto 1 (Famiglia) dove si sostiene “una effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata“, e al punto 9 (Società Solidale).

    Ben lungi da esprimere considerazioni personali di tipo politico, ho provato a fare un generico (e non so quanto preciso) approfondimento linguistico e lessicale: ho individuato alcune parole “chiave” che riguardano la scuola è ho provato a confrontarle, secondo alcuni dettami della linguistica computazionale, cioè di quella disciplina che utilizza gli strumenti informatici nello studio del linguaggio.

    Le parole e i gruppi di parole presi in analisi sono 8: scuola; scolastico/a; istruzione, studente/i studentesco/a; insegnante/i insegnamento; formativo/a/i/e formazione; educazione educativo/a/i/e; didattico/a/i didattiche.
    I risultati sono interessanti. Ne cito alcuni e ricordo che più basse sono le medie, più frequenti sono le occorrenze.

    La parola “scuola” nel programma dell’Unione occore 64 volte, una ogni 4,39 pagine e nel programma della Cdl 5 volte con la stessa media.

    La parola “istruzione” nel programma dell’Unione occore 33 volte, una ogni 8,51 pagine e nel programma della Cdl solo 1 volta con la media ovviamente di una ogni 22 pagine.

    Tra le varie statistiche di questo semplice “giochino” risalta quella delle parole “formativo/a/i/e formazione“. Nel programma dell’Unione occorono 130 volte, una ogni 2,16 pagine e nel programma della Cdl neanche una volta.

    La tabella completa con tutte le occorrenze e le medie per pagina la si può consultare qui.

    Il totale delle occorrenze è: 334 Unione, 7 Cdl. La media totale degli otto gruppi è di una occorrenza ogni 0,84 pagine per l’Unione e ogni 3,14 per la Cdl.

    La tabella completa con tutte le occorrenze e le medie per parola, invece, la si può consultare qui.

    La media totale degli otto gruppi è di una occorrenza ogni 255 parole per l’Unione e ogni 572 per la Cdl.

    Da questi numeri si evince un interesse decisamente superiore dell’Unione per le parole del mondo della scuola rispetto alla Cdl.
    C’è un’inversione di tendenza per la Cdl, che si occupa più di altri temi politici, mentre nelle precedenti elezioni invece aveva puntato molto sulla scuola, enfatizzando lo slogan delle 3 i, ricordate?…

    Mai come in questo caso possiamo chiederci se, a giochi conclusi, alle parole corrisponderanno mai i fatti…

    Per chi è interessato a questo tipo di statistica segnalo il sito www.intratext.com da dove ho estratto, a titolo esemplificativo, questi tre dati: il sostantivo più frequente della Divina Commedia è “occhi”, con 212 occorrenze; il sostantivo più frequente della Bibbia (Ed. Cei, 1977) è “signore”, 8198; il sostantivo più frequente del Piacere di D’Annunzio è “donna”, 238. In questi casi mi pare che i tre termini corrispondano bene al contenuto dei testi in cui si trovano.